L’Agenzia delle Entrate di Cassino, con avviso di liquidazione, chiedeva il pagamento di un’imposta suppletiva in relazione ad un atto di costituzione di Trust con cui il disponente conferiva la proprietà di un fabbricato, asserendo che detto atto determinasse una vera e propria disposizione dei beni con la conseguente spoliazione del disponente e sottrazione degli stessi alla garanzia patrimoniale dei creditori propri del disponente medesimo.
Avverso tale atto il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone chiarendo come l’atto di trasferimento dei beni dal disponente al trustee fosse fiscalmente neutro, pertanto da assoggettarsi a tassa fissa e non ad imposta proporzionale. La Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone respingeva il ricorso ed avverso tale sentenza il contribuente proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale di Roma la quale, accogliendo quanto dallo stesso dedotto nel ricorso di primo grado, ha accolto quest’ultimo compensando le spese dei due gradi di giudizio (sentenza n. 709/39/11 del 29 settembre 2011).
La decisione della Commissione Tributaria Regionale è fondata su attente riflessioni intorno al Trust e confronti con altri istituti del nostro ordinamento, quali la donazione ed il fondo patrimoniale, sottolineando come il Trust sia uno strumento del tutto innovativo e peculiare nei suoi tratti essenziali, con una propria e autonoma funzione economico-giuridica, ed esplica effetti differenti rispetto agli stessi.
Nel suo ragionamento, la Commissione si è soffermata ad analizzare le riflessioni espresse in relazione al Trust nell’avviso di liquidazione prima, e nella sentenza di primo grado poi, in particolare nei punti in cui si attribuiva al negozio del trust la funzione economico-sociale propria della compravendita, ( e non della donazione o del fondo patrimoniale), giungendo, pertanto, all’applicazione dell’imposta in misura proporzionale.
Orbene, se la Commissione è concorde nel ritenere che il Trust nulla (o poco) abbia a che fare con l’istituto della donazione (“nè per configurare un negozio di donazione è sufficiente considerare che il dante causa subisca una diminuzione patrimoniale in assenza di sinallagma, poiché, come noto, nel nostro ordinamento sussistono altri negozi giuridici unilaterali – quali il comodato gratuito ad esempio, nei quali si verifica una diminuzione patrimoniale del dante causa, ma è comunque assente l’animus donandi”) e con l’istituto del fondo patrimoniale (“è da escludersi un’assimilazione al fondo patrimoniale. Questo, infatti, è istituito per soccorrere i bisogni della famiglia, rispondendo ad una causa giuridica diversa, e non è sufficiente richiamare la cosiddetta segregazione del patrimonio”), non condivide la tesi, “statica e acritica” con cui assimila il trust allo schema della compravendita, o meglio ad un “non identificato negozio di trasferimento della proprietà”, non sussistendo peraltro nel trust la controprestazione sinallagmatica.
A parere della Commissione “non più di proprietà si deve parlare, ma di diversi statuti proprietari, ciascuno di essi caratterizzati da un intreccio di facoltà di diverse, tutte astrattamente già ricomprese nella proprietaria quiritaria, ma poi variamente articolate”. In conclusione “la proprietà trasferita nel negozio fiduciario, e dunque nel trust, assume uno statuto diverso da quello proprio della proprietà quiritaria, e dunque diverso da quello assunto a paradigma dall’imposta di registro come presupposto dell’imposta proporzionale”.
Ai fini del trattamento tributario, gli elementi distintivi individuati dalla Commissione sono tre:
- l’assenza di un accrescimento patrimoniale a favore del trustee, il quale, se da un lato diviene proprietario sostanzialmente e formalmente del bene, dall’altro le sue facoltà di proprietario non possono essere utilizzate per l’accrescimento del proprio patrimonio, ma esclusivamente a favore del soggetto beneficiario, al quale, peraltro, la proprietà dovrà poi essere trasferita.
Il secondo elemento è individuato nella non patrimonialità dell’assetto di interessi. Per la Commissione, difatti, il negozio presenta una sostanziale neutralità sotto il profilo economico e, per i fini fiscali, si deve escludere l’assunzione del negozio tra quelli aventi contenuto patrimoniale.
Infine, terzo elemento è la diversa causa giuridica del negozio, la quale si sostanzia nella destinazione vincolata del bene a vantaggio del beneficiario, sia per farne godere a questi i frutti durante la durata del trust, sia per assicurargli il successivo trasferimento dei beni.
Nella fattispecie, nessuna attribuzione di ricchezza, quindi nessun effetto patrimoniale, sono insiti nella causa, cioè nella finalità economico sociale che ci si prospetta, ma solo il mantenimento inalterato delle potenzialità economiche del bene o la loro attualizzazione grazie all’abilità del trustee”.
In conclusione, in forza di quanto esposto nelle motivazioni, la Commissione respinge il reclamo ed accoglie il ricorso di primo grado non essendo, quindi, applicabile nè l’imposta sulle successioni e donazioni, nè l’imposta di registro in misura proporzionale.
Commissione Tributaria Regionale Roma
Fonte: www.il-trust-in-italia.it
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