1. Intestazione di beni ai familiari
Definito anche “Trust all’italiana” è una delle soluzioni peggiori per affrontare il tema della tutela del proprio patrimonio. Ed infatti, anche nel caso in cui per tutelarti decidessi di far sottoscrivere dei documenti in cui i tuoi familiari riconoscono che quei determinati beni in realtà non sono i loro (ma i tuoi!) e che la loro è solo una gestione “fiduciaria”, l’intestazione dei beni ai familiari comporta delle conseguenze spiacevoli.
Ad esempio:
1) sarà necessario il “permesso” o l’autorizzazione degli effettivi intestatari per l’utilizzo di beni propri (anche se intestati ai familiari);
2) in caso di successione del familiare intestatario, i beni a lui intestati cadranno in successione;
3) i creditori del familiare intestatario potranno aggredire i beni intestati.
A ciò deve aggiungersi un “effetto collaterale” insito in questa situazione e che si riscontra anche nelle famiglie in cui regna la più grande armonia: i familiari cui saranno intestati i beni finiranno per sentirsi e comportarsi come i veri proprietari dei beni che in realtà non gli appartengono e potranno sorgere contrasti e frizioni all’interno dell’intera famiglia.
2. Patto di famiglia
Il patto di famiglia è stato introdotto nel nostro ordinamento con la Legge 14 febbraio 2006, n. 55, ed è disciplinato ai sensi degli artt. 768 bis e seguenti del Codice Civile.
Si tratta di un contratto tra imprenditore, discendente assegnatario e legittimari non assegnatari avente ad oggetto l’azienda (o ramo d’azienda) o partecipazioni sociali.
Il patto di famiglia ha il vantaggio di non essere soggetto a collazione o a riduzione ereditaria, tuttavia richiede, per la sua valida costituzione, il consenso e la partecipazione di tutta la famiglia, in termini di tutti i legittimari (dal coniuge ai discendenti legittimari), e comporta l’immediato trasferimento della titolarità dell’azienda o delle partecipazioni sociali all’erede designato.
A ciò si aggiunga che in relazione a tale strumento, essendo stato recentemente introdotto nel nostro ordinamento e soprattutto poco utilizzato, non si è formato un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di trattamento fiscale del patto di famiglia.
Il Trust non ha questi limiti, in quanto:
a) è un atto unilaterale del disponente che non coinvolge i suoi legittimari (scongiurando gli eventuali problemi connessi al legittimario pretermesso o sopravvenuto);
b) ha una sfera di applicazione estremamente flessibile, sia per quanto riguarda gli scopi che i beneficiari;
c) si possono conferire tutte le tipologie di beni esistenti (sia immobili e che mobili, ivi compresi quelli finanziari e societari).
3. Donazione
La donazione è lo strumento cui più facilmente si pensa quando ci si accinge a trasferire dei beni per “aiutare” un familiare o per effettuare iniziative benefiche.
Questo è più un retaggio culturale che una scelta efficace per perseguire tali scopi, perché attraverso la donazione si arricchisce immediatamente il familiare (o l’ente benefico cui si faceva riferimento in precedenza) con la diretta conseguenza che eventuali creditori personali del familiare beneficiario della donazione potrebbero aggredire i beni che quest’ultimo ha ricevuto per donazione, in tal modo vanificando il proposito di aiutarlo.
Con il Trust queste problematiche vengono superate, perché attraverso l’effetto segregativo i beni in Trust rappresentano un patrimonio distinto e separato rispetto non solo a quello del disponente (nella donazione definito “donante”) e del Trustee, ma anche del beneficiario (il familiare o l’ente benefico, nella donazione definito “donatario”), che pertanto non rischierebbe le aggressioni di cui sopra.
4. Costituzione di una Holding per la protezione patrimoniale
Un trend comune negli operatori è quello di utilizzare parole come “Super Holding”, “Trust Holding” e altre locuzioni che alludono all’utilizzo di una Holding e dunque di una struttura societaria ramificata, come strumento di protezione patrimoniale.
In prima approssimazione, per Holding si intende una società finanziaria che detiene in tutto o in parte il capitale di altre imprese al fine di controllarne la gestione finanziaria, industriale e commerciale. In realtà, nonostante la “moda del momento” tenda a considerare la Holding quale alternativa al Trust, deve rilevarsi che si tratta di due strumenti diversi: infatti, se si vuole migliorare o implementare la gestione efficiente dei flussi finanziari o la fiscalità del gruppo societario la costituzione della Holding sarà senz’altro utile al perseguimento di queste finalità, mentre se lo scopo è la protezione del patrimonio personale sarà necessario ricorrere al Trust, unico strumento in grado garantire l’effetto di protezione patrimoniale.
Ciò perché l’imprenditore che costituisce una Holding sarà sempre titolare delle quote, che saranno aggredibili dai suoi creditori personali e, in caso di decesso, saranno oggetto di successione tra i suoi eredi (con tutte le possibili criticità in tema di accordo tra gli eredi e di governance del gruppo).
5. Fondo patrimoniale
Il Fondo patrimoniale è stato introdotto nel nostro ordinamento con la riforma del diritto di famiglia (Legge 19 maggio 1975, n. 151) ed è disciplinato ai sensi degli artt. 167 e seguenti del Codice Civile.
Può essere costituito da uno o entrambi i coniugi (ivi compreso il partner dell’unione civile) ovvero da un soggetto terzo e dei beni in esso confluiti possono goderne i coniugi/partner dell’unione civile e i figli, anche maggiorenni. La sua finalità è quella di destinare alcuni specifici beni previsti dalla legge (soltanto immobili, autoveicoli e crediti, nonché quote di società per azioni ma non di altre forme societarie e nessun altro bene oltre a quelli appena indicati al soddisfacimento di bisogni della famiglia, con il vantaggio che gli stessi beni non possono essere aggrediti dai creditori personali dei coniugi costituenti il Fondo patrimoniale.
Tuttavia, la protezione patrimoniale che si ottiene attraverso il Fondo patrimoniale è molto meno efficace di quella che si può ottenere con il Trust, in quanto numerose sentenze della Corte di Cassazione lo hanno completamente svuotato del suo valore.
6. Utilizzo della fiduciaria come alternativa al Trust
Occorre subito chiarire che l’utilizzo della fiduciaria (ossia l’intestazione fiduciaria di beni a società fiduciarie) non rappresenta un’alternativa al Trust, in quanto solo attraverso l’istituzione di un Trust si realizza la netta e definitiva separazione tra il patrimonio dell’imprenditore/disponente e quello conferito in Trust.
Con l’intestazione di beni a favore della società fiduciaria l’imprenditore/fiduciante stipula un contratto con una società mediante il quale quest’ultima è legittimata ad agire in nome proprio ma per conto dell’imprenditore/fiduciante sui beni affidati in amministrazione alla società fiduciaria.
Tuttavia, deve specificarsi che i beni resteranno nella titolarità dell’imprenditore/fiduciante, quindi è semplice constatare che uno degli scopi più diffusi sottesi all’utilizzo della fiduciaria è quello di acquistare o detenere una partecipazione sociale senza apparire come proprietario rispetto ai terzi (tra cui familiari e competitor, ma non l’Amministrazione finanziaria).
Pertanto, è evidente che i beni dell’imprenditore/fiduciante seguiranno le vicende del suo titolare, cadendo in successione in caso di suo decesso nonché essendo aggredibili dai suoi creditori. A fronte di ciò, l’intestazione di beni alla fiduciaria non consente di segregare i beni ad essa intestati.
7. Polizza vita o Trust?
Tanto la polizza vita quanto il Trust sono strumenti molto performanti per il passaggio generazionale e la segregazione del patrimonio, tuttavia, come già descritto per le altre alternative, l’utilizzo del Trust costituisce senza dubbio la scelta migliore.
Nella polizza vita, infatti, si possono conferire di regola solo somme di denaro, mentre il fondo in Trust può contenere ogni tipo di beni (immobili, liquidità, strumenti finanziari, opere d’arte, ecc.).
Inoltre, nella polizza è necessario individuare i beneficiari secondo standard rigidi, i quali al verificarsi dell’evento indicato in polizza riceveranno l’indennizzo/prestazione che confluirà nel loro patrimonio personale, con la conseguenza che sarà aggredibile da parte di eventuali creditori dei beneficiari stessi; diversamente, con il Trust sarà possibile individuare i beneficiari e modificarli con molta più semplicità e i beni non confluiranno mai all’interno del patrimonio dei beneficiari stessi sino allo scioglimento del Trust.
È ben possibile anche nominare il Trust stesso come beneficiario della polizza vita, utilizzando entrambi gli strumenti al fine di cogliere tutti i vantaggi!
Trust all'italiana
Definito anche “Trust all’italiana” è una delle soluzioni peggiori per affrontare il tema della tutela del proprio patrimonio. Ed infatti, anche nel caso in cui per tutelarti decidessi di far sottoscrivere dei documenti in cui i tuoi familiari riconoscono che quei determinati beni in realtà non sono i loro (ma i tuoi!) e che la loro è solo una gestione “fiduciaria”, l’intestazione dei beni ai familiari comporta delle conseguenze spiacevoli.
Ad esempio:
1) sarà necessario il “permesso” o l’autorizzazione degli effettivi intestatari per l’utilizzo di beni propri (anche se intestati ai familiari);
2) in caso di successione del familiare intestatario, i beni a lui intestati cadranno in successione;
3) i creditori del familiare intestatario potranno aggredire i beni intestati.
A ciò deve aggiungersi un “effetto collaterale” insito in questa situazione e che si riscontra anche nelle famiglie in cui regna la più grande armonia: i familiari cui saranno intestati i beni finiranno per sentirsi e comportarsi come i veri proprietari dei beni che in realtà non gli appartengono e potranno sorgere contrasti e frizioni all’interno dell’intera famiglia.