Credenza 1: se istituisco un Trust devo “spossessarmi/spogliarmi” di tutto”.
FALSO. Tale affermazione è frutto di una errata percezione del trust. Il Disponente, vincolando il proprio patrimonio in trust (o parte dello stesso), effettua un trasferimento formale dei beni in capo al Trustee, il quale ne acquista la titolarità per l’amministrazione e la gestione dei beni al fine di farne godere in via esclusiva i Beneficiari (tra i quali può essere inserito anche lui) in funzione del
progetto gestorio individuato dal Disponente nell’Atto Istitutivo.
Il Disponente – in sintesi – se trasferisce al Trustee la titolarità dei beni vincolati in trust, non necessariamente ne perde il godimento, potendo infatti conservare l’uso di tali beni secondo quanto da lui stesso programmato nell’Atto Istitutivo; inoltre, qualora preferisca mantenere, oltre al godimento, anche il possesso dei beni trasferiti in trust, è sufficiente che il Disponente si limiti a trasferire in trust un diritto di proprietà nuda, riservando per sé il diritto di usufrutto.
Credenza 2: Se trasferisco la mia casa in Trust devo andare via di casa.
FALSO. L’utilizzo diretto e il godimento dei beni trasferiti in trust seguono le disposizioni contenute nell’Atto Istitutivo, redatto secondo il volere del Disponente.
Pertanto, è sempre possibile prevedere nell’Atto Istitutivo che il Trustee, gestore dei beni in trust nell’interesse dei Beneficiari (tra i quali, ribadiamo, potrà esservi anche il Disponente), provveda a garantire un’abitazione ai Beneficiari consentendo l’uso della casa familiare ai Beneficiari stessi e quindi anche al Disponente, il quale non dovrà di certo abbandonare l’immobile che, al contempo, sarà protetta da eventuali aggressioni da parte di possibili creditori tanto del Disponente quanto dei Beneficiari (nonché del medesimo Trustee).
Credenza 3: Se dopo aver istituito un Trust, il Trustee fallisce o muore?
Trust significa fiducia. Potersi fidare del proprio Trustee è fondamentale; tuttavia, per evitare spiacevoli sorprese, nell’Atto Istitutivo è sempre opportuno precisare i poteri attribuiti al Trustee ed i relativi limiti cui è assoggettato nell’esercizio dell’attività gestoria.
L’attività discrezionale del Trustee può essere inoltre veicolata (ma mai vincolata!) dalla presenza di un c.d. Guardiano, soggetto preposto a collaborare e vigilare affinché i dettami contenuti nell’Atto Istitutivo abbiano corretta esecuzione. In ragione della sua funzione di coadiutore e controllore dell’attività gestionale del trust, al guardiano è normalmente attribuito il potere di revocare il Trustee del cui operato non sia soddisfatto (principio di autotutela) sostituendolo con un nuovo Trustee al quale i beni in trust verranno automaticamente trasferiti. Restano comunque ferme le responsabilità civili e penali del Trustee revocato per eventuali atti fraudolentemente posti in essere nello svolgimento del proprio ufficio.
L’Atto Istitutivo di un trust prevede sempre l’ipotesi in cui il Trustee possa venir meno ad esempio per morte (in caso di Trustee persona fisica) oppure per fallimento o scioglimento (in caso di persona giuridica), analogamente a quanto accade nello Statuto di una Società per la successione, ad esempio, nella carica di amministratore unico, senza tuttavia che ciò comporti alcuna conseguenza in capo ai beni conferiti in trust.
In ogni caso è sempre opportuno rivolgersi a Trustee che svolgano professionalmente tale attività, coperti nel loro operato da apposita polizza assicurativa specifica per questa attività, così da essere tutelati per ogni eventualità.
Credenza 4: il Trust dura per sempre.
FALSO. Il trust non è mai eterno. È pur vero che in alcuni ordinamenti giuridici (sempre più numerosi, in realtà) è possibile istituire un trust senza indicare il termine finale, ma ciò non significa che quel trust sia perpetuo, bensì esclusivamente che la sua durata non è stata (pre)determinata nell’Atto Istitutivo. In questi casi soccorre una apposita disposizione che, inserita nell’Atto Istitutivo, riserva (normalmente) al trustee il potere di dichiarare la cessazione del trust al ricorrere di determinati eventi indicati dal Disponente (ad esempio, l’insufficienza dei beni ai fini dell’adempimento del trust medesimo).
Per prassi si preferisce tuttavia indicare già nell’Atto Istitutivo un termine finale di durata del trust. Un trust dura, quindi, secondo quanto indicato nell’Atto Istitutivo dal Disponente, fermo restando che nulla vieta che costui possa anche attribuire ad un soggetto diverso (Trustee, Beneficiari, o Guardiano), il potere di dichiarare un termine finale anticipato per garantire al Trust maggior flessibilità ed elasticità.
Si badi, inoltre, che un trust può cessare in ogni momento laddove tutti i Beneficiari, nominalmente e definitivamente individuati, maggiorenni e legalmente capaci, concordino nel pretendere dal Trustee la cessazione anticipata del trust (o individualmente la propria quota).
Credenza 5: non posso cambiare idea sui Beneficiari.
FALSO. Se da un lato il Disponente non deve incidere nella gestione del trust dovendo lasciare il “controllo” sui beni in trust al Trustee, dall’altro nulla vieta che lo stesso Disponente possa riservarsi il potere di aggiungere o eliminare, in relazione alle mutate esigenze nel corso della vita del trust, uno o più Beneficiari, prevedendo comunque, ai fini di una maggiore tenuta della validità giuridica e fiscale del Trust, che non possa mai nominare sé stesso come Beneficiario Finale rispetto ai beni da lui stesso conferiti in Trust.
Tale possibilità del Disponente, lecita e legittima, non incide sul potere gestorio del Trustee, la cui figura pertanto non risulta in ogni caso indebolita da tale eventuale richiesta del Disponente.
Credenza 6: il Disponente che istituisce un Trust non può esserne Beneficiario.
FALSO. Il Disponente può essere Beneficiario del Reddito, nonché Beneficiario Finale del trust purché, in quest’ultima ipotesi, egli sia avvantaggiato dei soli beni vincolati in trust da un terzo apportatore che lo abbia specificamente individuato quale Beneficiario destinandogli detti beni. Il Disponente non può invece essere Beneficiario Finale per i beni da lui stesso apportati in trust.
Tuttavia, qualora i Beneficiari indicati dal Disponente manchino, per qualsiasi ragione, al momento della cessazione del trust, i beni in trust rientreranno nella titolarità del Disponente (c.d. Resulting Trust).
Credenza 7: il patrimonio in Trust è statico ed immodificabile.
FALSO. Sotto il profilo gestionale il patrimonio trasferito al Trustee (c.d. Fondo in Trust) è soggetto alle medesime vicende di variabilità tipiche di un qualsiasi patrimonio intestato ad una persona, fisica o giuridica che sia.
Il Fondo in Trust rappresenta dunque una realtà dinamica e come tale, durante la vita del trust, potrà subire modifiche nella sua composizione, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo.
In particolare, il Fondo in Trust potrà essere incrementato, in ogni momento della vita del trust, sia dal Disponente sia da terzi Apportatori, ove ciò sia espressamente previsto nell’Atto Istitutivo.
In ogni caso, il Trustee, nella gestione del patrimonio in trust, dovrà agire con diligenza, imparzialità ed in assenza di conflitto di interessi, tutelando il Fondo in Trust, preservando e, ove possibile, incrementando il suo valore, nel rispetto ed in attuazione del programma delineato dal Disponente nell’Atto Istitutivo.
Credenza 8: il ruolo di Trustee lo può ricoprire qualunque soggetto.
FALSO. Il ruolo del Trustee ha notevoli responsabilità sia nei confronti dei Beneficiari che dei terzi ed implica una conoscenza profonda di molteplici aspetti, sia di natura giuridica che di natura contabile e fiscale, funzionali alla gestione del Trust.
Pertanto, occorre estrema professionalità, competenza ed esperienza per avvalersi compiutamente dello strumento Trust. A parità di beni in trust, la differenza la fa il Trustee.
A fronte di ciò, è altamente sconsigliabile nominare un soggetto che non abbia le competenze sopra indicate, precisando che l’optimum sarebbe che il Trustee abbia congiuntamente tutte quelle competenze.
Posto che nessuna persona fisica potrà mai avere tali competenze tutte insieme, in quanto nessun avvocato è anche commercialista e viceversa, ed inoltre spesso nessuno dei due è altresì fiscalista, l’unica opzione garantista è rivolgersi ad un Trustee professionale (i.e. una Trust Company che abbia al proprio interno più professionisti dei differenti settori citati che possa garantire dunque un’assistenza eterogenea e quindi contemporaneamente trasversale e precisa), in grado di gestire ogni necessità inerente e conseguente al trust, rimanendo altresì terzo ed indipendente così da garantire l’effettiva separazione del patrimonio del trust rispetto a quello del Disponente e dei Beneficiari, oltre che del proprio.
Credenza 9: un Trust può essere istituito solo all’estero.
FALSO. Istituire un trust all’estero rappresenta, salvo casi eccezionali, la scelta migliore per mettere a rischio – e non certo salvaguardare – il proprio patrimonio.
Istituire un trust all’estero vuol dire infatti affidare i propri beni ad un Trustee di un Paese con una giurisdizione diversa, una lingua diversa e spesso un diverso fuso orario. Appare di facile intuizione che si avranno difficoltà maggiori a reperire le informazioni da un Trustee che magari non parla una lingua conosciuta, lavora quando per noi è notte e gestisce i beni secondo usi a noi sconosciuti.
Laddove non ci sia una reale necessità di istituire un trust all’estero, la scelta migliore è, in questo caso, la più semplice: trust istituito in Italia, Trustee professionale italiano.
Credenza 10: il Trust è solo per grandi patrimoni.
FALSO. Il concetto di “grande patrimonio” è soggettivo e variabile. Diversamente da quanto si possa pensare, il Trust non è riservato unicamente alla gestione di grandi patrimoni e può, infatti, essere utilizzato anche soltanto per destinare ad un familiare il proprio immobile o la nuda proprietà dello stesso riservando per sé, rispettivamente, nel primo caso il diritto di abitazione, nel secondo caso il diritto di usufrutto.
Il trust può essere istituito per ogni tipo di patrimonio, ciò che conta è la finalità per cui viene istituito, la quale deve essere sempre meritevole di tutela ai sensi del nostro ordinamento giuridico.
Last but not least: il costo di un Trustee professionale è molto simile al costo annuale di un commercialista che gestisce la contabilità di una S.r.l. non troppo strutturata, pertanto assolutamente in linea anche con patrimoni non di valore milionario.
Credenza 11: il Trust non è legale e se lo istituisco arriva un accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
FALSO. Il Trust è uno strumento giuridico di estrema trasparenza, specialmente nei confronti del fisco.
Appena istituito il Trust presso un Notaio (con atto pubblico o scrittura privata autenticata) occorre presentare all’Agenzia delle Entrate copia dell’Atto Istitutivo per ottenere il rilascio del Codice Fiscale. Gli istituti di credito sottopongono poi il Trust ad un ulteriore vaglio, perché richiedono l’esibizione dell’Atto Istitutivo per aprire il conto corrente del Trust. Inoltre, nella stragrande maggioranza dei casi, il patrimonio in Trust viene considerato, dal punto di vista fiscale, al pari del patrimonio di una società di capitali. Il reddito prodotto dal patrimonio in Trust sconterà l’IRES e sarà proprio il Trustee a doverla versare interfacciandosi con l’Agenzia. Pertanto, è evidente che le autorità italiane, fiscali e legali, non considerano lo strumento Trust illecito. Dunque, proprio per evitare che tale strumento possa diventare illecito, perché elusivo e quindi aggredibile dalle autorità competenti, è indispensabile che il Disponente istituisca il Trust “in bonis”, ossia quando gode della “libertà economica” di trasferire i propri beni in Trust, senza sottrarli a potenziali creditori personali già esistenti.